• Tutto questo è inaccettabile!
    Umanità ? Dov'è più ?
    Come possiamo permettere tutto questo ?
    Come può un Dio permettere questo?

    How can a God allow this?

    This is unacceptable!
    Humanity? Where is it anymore?
    How can we allow all this?
    How can a God allow this?

    #gaza #freegaza #palestina #freepalestina #nowar #baby
    Tutto questo è inaccettabile! Umanità ? Dov'è più ? Come possiamo permettere tutto questo ? Come può un Dio permettere questo? How can a God allow this? This is unacceptable! Humanity? Where is it anymore? How can we allow all this? How can a God allow this? #gaza #freegaza #palestina #freepalestina #nowar #baby
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  • Distruzione della statua di San Giorgio da parte delle forze israeliane scatena proteste per il trattamento riservato al patrimonio cristiano in Palestina

    Il Papa, il Papa ha detto... cosa ha detto a questo proposito... ?

    Source: https://x.com/pbecchi/status/1990889539640926360?t=NNwKQasziOHdlcOEgj3hKA&s=19
    Distruzione della statua di San Giorgio da parte delle forze israeliane scatena proteste per il trattamento riservato al patrimonio cristiano in Palestina Il Papa, il Papa ha detto... cosa ha detto a questo proposito... ? Source: https://x.com/pbecchi/status/1990889539640926360?t=NNwKQasziOHdlcOEgj3hKA&s=19
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  • NO OTHER LAND
    *Prima visione 15/11 - Rai3*

    Lasciamo che sia il cinema – quello che non ha paura di sporcare la pellicola con la realtà – a parlare per noi. Per una sera abbassiamo il volume delle polemiche, sospendiamo slogan e contrapposizioni, e concediamoci il tempo necessario per guardare dritto negli occhi una storia che non appartiene “a loro”, ma a tutti noi.

    “NO OTHER LAND” è molto più di un documentario: è un atto di resistenza visiva. Un film nato da cinque anni di registrazioni sul campo, dal 2019 al 2024, durante i quali l’attivista palestinese Basel Adra ha filmato, abitazione dopo abitazione, la progressiva demolizione delle case considerate “abusive” dal governo israeliano. Un lavoro che diventa ancora più potente nell’incontro con lo sguardo del giornalista israeliano Yuval Abraham, e con quello dei co-registi Hamdan Ballal e Rachel Szor.

    Quattro voci, quattro sensibilità, quattro sguardi che si intrecciano in un’opera che non cerca il sensazionalismo ma la verità, anche quando è scomoda, anche quando fa male. Un racconto duro, necessario, che mostra la violenza e la resistenza ma anche una rara e fragile possibilità di alleanza umana oltre le divisioni storiche e politiche.

    Un merito enorme a questo gruppo di autori che dimostra – con un film e non con proclami – che l’arte può davvero diventare un terreno comune, un ponte reale in un paesaggio di muri.

    Sostenuto da Amnesty International nella distribuzione e accompagnato da Medici Senza Frontiere, “No Other Land” ci consegna immagini che restano impresse come cicatrici, e parole che aprono spiragli. Un'opera che non pretende di dare risposte, ma ci invita con forza a non distogliere lo sguardo.


    SABATO 15 NOVEMBRE – ORE 21:20 – RAI 3 (prima visione)


    E allora sì: questa sera non dobbiamo mancare. Perché certe storie non si guardano soltanto — si attraversano insieme.


    #NoOtherLand #Documentario #DirittiUmani #Rai3 #Attivismo #CinemaDelReale #Palestina #Israele
    🎬NO OTHER LAND🎬 *Prima visione 15/11 - Rai3* Lasciamo che sia il cinema – quello che non ha paura di sporcare la pellicola con la realtà – a parlare per noi. Per una sera abbassiamo il volume delle polemiche, sospendiamo slogan e contrapposizioni, e concediamoci il tempo necessario per guardare dritto negli occhi una storia che non appartiene “a loro”, ma a tutti noi. “NO OTHER LAND” è molto più di un documentario: è un atto di resistenza visiva. Un film nato da cinque anni di registrazioni sul campo, dal 2019 al 2024, durante i quali l’attivista palestinese Basel Adra ha filmato, abitazione dopo abitazione, la progressiva demolizione delle case considerate “abusive” dal governo israeliano. Un lavoro che diventa ancora più potente nell’incontro con lo sguardo del giornalista israeliano Yuval Abraham, e con quello dei co-registi Hamdan Ballal e Rachel Szor. Quattro voci, quattro sensibilità, quattro sguardi che si intrecciano in un’opera che non cerca il sensazionalismo ma la verità, anche quando è scomoda, anche quando fa male. Un racconto duro, necessario, che mostra la violenza e la resistenza ma anche una rara e fragile possibilità di alleanza umana oltre le divisioni storiche e politiche. Un merito enorme a questo gruppo di autori che dimostra – con un film e non con proclami – che l’arte può davvero diventare un terreno comune, un ponte reale in un paesaggio di muri. Sostenuto da Amnesty International nella distribuzione e accompagnato da Medici Senza Frontiere, “No Other Land” ci consegna immagini che restano impresse come cicatrici, e parole che aprono spiragli. Un'opera che non pretende di dare risposte, ma ci invita con forza a non distogliere lo sguardo. 📌 📺 SABATO 15 NOVEMBRE – ORE 21:20 – RAI 3 (prima visione) E allora sì: questa sera non dobbiamo mancare. Perché certe storie non si guardano soltanto — si attraversano insieme. #NoOtherLand #Documentario #DirittiUmani #Rai3 #Attivismo #CinemaDelReale #Palestina #Israele
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  • LA SECONDA MORTE

    Una perdita umana è il pensiero ricorrente, la ferita più profonda e l’ossessione che accompagna ogni conflitto. Nulla da obiettare.
    Eppure, esiste una ferita ancora più silenziosa e nascosta, perché raramente percepita nella sua interezza. È la ferita della cancellazione.

    Un conflitto non porta con sé soltanto morti e dolore: diventa sinonimo di “annullamento”, di rimozione totale della memoria, della storia, dell’identità stessa di un popolo. Come se la sua cultura non avesse mai avuto diritto di esistere. Come se le sue pietre, le sue strade, i suoi teatri e le sue biblioteche non avessero mai parlato.

    Dal 2022 abbiamo pianto la distruzione del teatro di Odessa, simbolo di arte e bellezza in tempo di guerra. Ebbene, oggi lo stesso copione si ripete nella Gaza che non riconosce più se stessa, dove è difficile persino trovare qualcosa da salvare, se non la tenacia di chi, ancora, sopravvive fra le macerie.
    E sia chiaro: nessun edificio, nessuna chiesa, nessun archivio potrà mai valere quanto una vita umana.
    Ma distruggere i luoghi della memoria significa anche questo: lasciare che la verità di un popolo venga raccontata da altri.
    Da un sistema mediatico e storiografico che non può garantire il sacrosanto principio di imparzialità.

    Ci resta allora solo l’immaginazione.
    Immaginare ciò che non esiste più — o che forse tornerà a vivere, ma secondo i canoni della speculazione e dei progetti di chi costruirà nuovi viadotti, resort, infrastrutture che nulla hanno a che vedere con la memoria palestinese.

    E non è retorica.
    Secondo il report “All That is Lost” dell’organizzazione PEN America, sono oltre 300 i siti culturali distrutti o gravemente danneggiati a Gaza.
    Fra essi, la casa di Yasser Arafat, trasformata in centro culturale dopo la sua morte, oggi ridotta in rovina.
    Il Centro Culturale Rashad El Shawa, dove negli anni ’90 si discuteva di pace con Bill Clinton, è stato raso al suolo nel novembre 2024.
    E ancora la libreria di Samir Mansour, simbolo di resilienza culturale, e la Moschea Omari, che custodiva 20.000 volumi antichi — oggi polvere.

    Polvere come il pavimento a mosaico della Chiesa bizantina di Jabalia, costruita nel 444 d.C., testimone di secoli di convivenza religiosa e di storia condivisa. Colpita anch’essa, cancellata.

    E così, la cultura scivola via, insieme alla memoria.
    Perché la distruzione del patrimonio artistico non è mai solo un “danno collaterale”: è la seconda morte di un popolo, quella che lo priva della sua voce e del suo diritto di esistere nel racconto della storia.

    Forse, di tutto questo, resteranno solo le parole — e il dovere morale di ricordare che anche le pietre, come gli uomini, sanno gridare.

    #Palestina #MemoriaCulturale #PatrimoniPerduti #LaSecondaMorte #CulturaEDistruzione #Gaza #DirittiUmani #MemoriaStorica #ArteESopravvivenza #StoriaNegata #HumanityInRuins #PeaceThroughCulture
    🕯️ LA SECONDA MORTE Una perdita umana è il pensiero ricorrente, la ferita più profonda e l’ossessione che accompagna ogni conflitto. Nulla da obiettare. Eppure, esiste una ferita ancora più silenziosa e nascosta, perché raramente percepita nella sua interezza. È la ferita della cancellazione. Un conflitto non porta con sé soltanto morti e dolore: diventa sinonimo di “annullamento”, di rimozione totale della memoria, della storia, dell’identità stessa di un popolo. Come se la sua cultura non avesse mai avuto diritto di esistere. Come se le sue pietre, le sue strade, i suoi teatri e le sue biblioteche non avessero mai parlato. Dal 2022 abbiamo pianto la distruzione del teatro di Odessa, simbolo di arte e bellezza in tempo di guerra. Ebbene, oggi lo stesso copione si ripete nella Gaza che non riconosce più se stessa, dove è difficile persino trovare qualcosa da salvare, se non la tenacia di chi, ancora, sopravvive fra le macerie. E sia chiaro: nessun edificio, nessuna chiesa, nessun archivio potrà mai valere quanto una vita umana. 👉 Ma distruggere i luoghi della memoria significa anche questo: lasciare che la verità di un popolo venga raccontata da altri. Da un sistema mediatico e storiografico che non può garantire il sacrosanto principio di imparzialità. Ci resta allora solo l’immaginazione. Immaginare ciò che non esiste più — o che forse tornerà a vivere, ma secondo i canoni della speculazione e dei progetti di chi costruirà nuovi viadotti, resort, infrastrutture che nulla hanno a che vedere con la memoria palestinese. E non è retorica. Secondo il report “All That is Lost” dell’organizzazione PEN America, sono oltre 300 i siti culturali distrutti o gravemente danneggiati a Gaza. Fra essi, la casa di Yasser Arafat, trasformata in centro culturale dopo la sua morte, oggi ridotta in rovina. Il Centro Culturale Rashad El Shawa, dove negli anni ’90 si discuteva di pace con Bill Clinton, è stato raso al suolo nel novembre 2024. E ancora la libreria di Samir Mansour, simbolo di resilienza culturale, e la Moschea Omari, che custodiva 20.000 volumi antichi — oggi polvere. Polvere come il pavimento a mosaico della Chiesa bizantina di Jabalia, costruita nel 444 d.C., testimone di secoli di convivenza religiosa e di storia condivisa. Colpita anch’essa, cancellata. E così, la cultura scivola via, insieme alla memoria. Perché la distruzione del patrimonio artistico non è mai solo un “danno collaterale”: è la seconda morte di un popolo, quella che lo priva della sua voce e del suo diritto di esistere nel racconto della storia. Forse, di tutto questo, resteranno solo le parole — e il dovere morale di ricordare che anche le pietre, come gli uomini, sanno gridare. 🕯️ #Palestina #MemoriaCulturale #PatrimoniPerduti #LaSecondaMorte #CulturaEDistruzione #Gaza #DirittiUmani #MemoriaStorica #ArteESopravvivenza #StoriaNegata #HumanityInRuins #PeaceThroughCulture
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  • Qualche bella notizia ogni tanto!
    Chi è Catherine Connolly, la nuova presidente dell'Irlanda pro Pal e contro Usa e Nato.
    L'ex psicologa e avvocata è stata sostenuta dalla sinistra e dai giovani. Una sconfitta netta per il governo di centrodestra
    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/25/chi-e-catherine-connolly-presidente-irlanda-palestina-news/8172979/
    Qualche bella notizia ogni tanto! Chi è Catherine Connolly, la nuova presidente dell'Irlanda pro Pal e contro Usa e Nato. L'ex psicologa e avvocata è stata sostenuta dalla sinistra e dai giovani. Una sconfitta netta per il governo di centrodestra https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/25/chi-e-catherine-connolly-presidente-irlanda-palestina-news/8172979/
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  • Alessandro Orsini sul piano Trump per Gaza: "Cornice giuridica per la pulizia etnica" | Il Fatto - Il Fatto Quotidiano
    Ad Accordi&Disaccordi il professore ha analizzato due punti messi nero su bianco dal presidente Usa: "I palestinesi non hanno più nulla: come compreranno le case previste dalla ricostruzione?
    “Il piano di Trump è semplicemente il tentativo di costruire una cornice giuridica intorno alla pulizia etnica della Palestina“. Così Alessandro Orsini ad Accordi&Disaccordi il talk condotto da Luca Sommi sul Nove con la partecipazione di Marco Travaglio e Andrea Scanzi. Secondo il professore di Sociologia del Terrorismo alla Luiss “questo si capisce dalla differenza tra il punto 2 del piano e il punto 10. Il punto due infatti dice che tutta la ricostruzione di Gaza avverrà ad esclusivo vantaggio dei suoi abitanti, il punto 10 invece dice che la ricostruzione avverrà in base al libero mercato attraverso l’attrazione di capitali privati. – ha proseguito l’analista – Sempre nel punto 10 c’è scritto che vogliono costruire una città dei sogni mediorientale. Per costruire una città dei sogni mediorientale, devi costruire centinaia di migliaia di appartamenti lussuosi e i palestinesi non avranno mai i soldi per comprarsi quegli appartamenti. Sempre il punto 10 non dice che le case verranno costruite da Israele, con i soldi dei contribuenti israeliani, con i soldi dello Stato israeliano che ripaga tutto quello che ha distrutto, ma affida tutto al libero mercato. Ai palestinesi non è rimasto nulla, quindi non avranno i soldi per comprarsi questi appartamenti. Ci sarà così un’alterazione della composizione etnica e demografica della Striscia, dove tanti gazawi saranno costretti a vivere nei campi profughi o ad abbandonare il Paese”, ha concluso Orsini.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/12/orsini-piano-trump-gaza-pulizia-etnica-news/8157360/amp/
    Alessandro Orsini sul piano Trump per Gaza: "Cornice giuridica per la pulizia etnica" | Il Fatto - Il Fatto Quotidiano Ad Accordi&Disaccordi il professore ha analizzato due punti messi nero su bianco dal presidente Usa: "I palestinesi non hanno più nulla: come compreranno le case previste dalla ricostruzione? “Il piano di Trump è semplicemente il tentativo di costruire una cornice giuridica intorno alla pulizia etnica della Palestina“. Così Alessandro Orsini ad Accordi&Disaccordi il talk condotto da Luca Sommi sul Nove con la partecipazione di Marco Travaglio e Andrea Scanzi. Secondo il professore di Sociologia del Terrorismo alla Luiss “questo si capisce dalla differenza tra il punto 2 del piano e il punto 10. Il punto due infatti dice che tutta la ricostruzione di Gaza avverrà ad esclusivo vantaggio dei suoi abitanti, il punto 10 invece dice che la ricostruzione avverrà in base al libero mercato attraverso l’attrazione di capitali privati. – ha proseguito l’analista – Sempre nel punto 10 c’è scritto che vogliono costruire una città dei sogni mediorientale. Per costruire una città dei sogni mediorientale, devi costruire centinaia di migliaia di appartamenti lussuosi e i palestinesi non avranno mai i soldi per comprarsi quegli appartamenti. Sempre il punto 10 non dice che le case verranno costruite da Israele, con i soldi dei contribuenti israeliani, con i soldi dello Stato israeliano che ripaga tutto quello che ha distrutto, ma affida tutto al libero mercato. Ai palestinesi non è rimasto nulla, quindi non avranno i soldi per comprarsi questi appartamenti. Ci sarà così un’alterazione della composizione etnica e demografica della Striscia, dove tanti gazawi saranno costretti a vivere nei campi profughi o ad abbandonare il Paese”, ha concluso Orsini. https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/12/orsini-piano-trump-gaza-pulizia-etnica-news/8157360/amp/
    Alessandro Orsini sul piano Trump per Gaza: "Cornice giuridica per la pulizia etnica" | Il Fatto - Il Fatto Quotidiano
    Ad Accordi&Disaccordi il professore ha analizzato due punti messi nero su bianco dal presidente Usa: "I palestinesi non hanno più nulla: come compreranno le case previste dalla ricostruzione?"
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  • UN GOVERNO SERIO dopo QUESTE DICHIARAZIONI MANDEREBBE l'AMBASCIATORE a CASA SUA e ritirerebbe il proprio AMBASCIATORE in ISRAELE!
    L'ambasciatore Israeliano sui cortei per Gaza: "L'Italia blocchi le proteste che esaltano il terrorismo"
    Jonathan Peled ha affidato il suo pensiero a un post di X: trova "oltraggioso" ci siano degli eventi "che tradiscono i valori della nostra civiltà democratica"

    https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/06/ambasciatore-israeliano-proteste-palestina-terrorismo-notizie/8150811/
    UN GOVERNO SERIO dopo QUESTE DICHIARAZIONI MANDEREBBE l'AMBASCIATORE a CASA SUA e ritirerebbe il proprio AMBASCIATORE in ISRAELE! L'ambasciatore Israeliano sui cortei per Gaza: "L'Italia blocchi le proteste che esaltano il terrorismo" Jonathan Peled ha affidato il suo pensiero a un post di X: trova "oltraggioso" ci siano degli eventi "che tradiscono i valori della nostra civiltà democratica" https://www.ilfattoquotidiano.it/2025/10/06/ambasciatore-israeliano-proteste-palestina-terrorismo-notizie/8150811/
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    L'ambasciatore Israeliano sui cortei per Gaza: "L'Italia blocchi le proteste che esaltano il terrorismo"
    Jonathan Peled ha affidato il suo pensiero a un post di X: trova "oltraggioso" ci siano degli eventi "che tradiscono i valori della nostra civiltà democratica"
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  • IL MONDO DEVE FERMARE ISRAELE!
    Una marea umana per Gaza in corteo a Roma: "Siamo un milione"
    Il live dalla piazza per la Palestina
    https://www.ilfattoquotidiano.it/live-post/2025/10/04/corteo-roma-palestina-oggi-news-aggiornamenti-diretta/8149120/
    IL MONDO DEVE FERMARE ISRAELE! Una marea umana per Gaza in corteo a Roma: "Siamo un milione" Il live dalla piazza per la Palestina https://www.ilfattoquotidiano.it/live-post/2025/10/04/corteo-roma-palestina-oggi-news-aggiornamenti-diretta/8149120/
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  • #ONU
    #GustavoPetro
    #PetroONU
    Il 23 settembre 2025 Gustavo Petro, presidente della Colombia, ha pronunciato all’ONU uno dei discorsi più straordinari e coinvolgenti degli ultimi anni.
    Un appello che unisce emozione e lucidità politica, denunciando il genocidio a Gaza, la crisi climatica che porta l’umanità al collasso e il ruolo degli Stati Uniti e dei blocchi economici.

    Tra le sue parole più forti, la proposta di creare un esercito mondiale per fermare il genocidio in Palestina

    Petro richiama i popoli del mondo alla libertà, alla giustizia e a una rivoluzione pacifica per salvare la vita sul pianeta.
    Un discorso che scuote le coscienze e che resterà nella storia.
    https://youtu.be/kJtHEKfOKgk?si=jEnxoXEtE4ZklP8l
    #ONU #GustavoPetro #PetroONU 🌍 Il 23 settembre 2025 Gustavo Petro, presidente della Colombia, ha pronunciato all’ONU uno dei discorsi più straordinari e coinvolgenti degli ultimi anni. Un appello che unisce emozione e lucidità politica, denunciando il genocidio a Gaza, la crisi climatica che porta l’umanità al collasso e il ruolo degli Stati Uniti e dei blocchi economici. Tra le sue parole più forti, la proposta di creare un esercito mondiale per fermare il genocidio in Palestina Petro richiama i popoli del mondo alla libertà, alla giustizia e a una rivoluzione pacifica per salvare la vita sul pianeta. Un discorso che scuote le coscienze e che resterà nella storia. https://youtu.be/kJtHEKfOKgk?si=jEnxoXEtE4ZklP8l
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  • Quasi tutta l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite è uscita proprio mentre il polacco occupante della Palestina, Benjamin MILEJKOWSKY (conosciuto come Netanyahu) stava per iniziare il suo discorso, in un mare di fischi.

    La senti l'aria?
    Quasi tutta l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite è uscita proprio mentre il polacco occupante della Palestina, Benjamin MILEJKOWSKY (conosciuto come Netanyahu) stava per iniziare il suo discorso, in un mare di fischi. La senti l'aria?
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Arama Sonuçları